Articolo di Italo Calvino, pubblicato senza firma sul numero 5 di “La nostra lotta”, giovedì 9 maggio 1945.
I commercianti di vite umane
Mai la vita umana fu valutata tanto poco come sotto il terrore nazi-fascista. Ecco un fatto autentico, narratoci da un personaggio politico che ne fu testimone; è un aneddoto tragico che può farci drizzare i capelli dal raccapriccio e farci pensare a che tenue filo era legata la vita di ognuno sotto il dominio di quegli efferati sanguinari.
Personaggi: un capitano tedesco, un tenente dell’Upi e un capitano della Gnr; per essere più precisi, il capitano Sainas. Ancora una volta la barbara legge tedesca delle rappresaglie sta per essere messa in atto: il capitano tedesco chiede al tenente dell’Uoi dodici ostaggi da fucilare. Ma il numero dei prigionieri a disposizione del tenente è solo di otto.
Il tedesco s’intestardisce: “Ho detto dodici, Se no ci rimetto”. Il tenente non sa come fare. Il tedesco minaccia di far arrestare e fucilare le prime persone che incontra per la strada. Alla fine consultando le liste e le pratiche il tenente riesce a trovare altri tre candidati alla morte. Ne manca ancora uno, ma il tedesco è irremovibile. Se fa avanti il cap. Sainas e dice al tenente: “Se vuoi te ne presto uno io, ma poi tu me lo restituisci”.
La frase è così terribilmente inconcepibile che crediamo abbisogni d’una spiegazione. Il capitano offre al tenente uno dei suoi prigionieri perché venga fucilato, ma esige che il tenente appena avrà un prigioniero disponibile lo ceda al capitano in restituzione. Chi fosse non importava: quello che interessava gli sgherri fascisti era di avere nelle loro mani un dato numero di vite umane per poter soddisfare le richieste dei padroni tedeschi ogni qual volta essi desideravano mettere in opera i loro plotoni di esecuzione.
E c’è ancora chi parla di umanità e moderazione da usarsi verso i fascisti?
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