Nella sua cella a Robben Island, Nelson Mandela trovava la forza per non mollare recitando questa poesia di Henley del 1875. Pubblicata per la prima volta nel 1888 nel libro Book of Verses, quarta di una serie di poesie intitolata Life and Death (Echoes), era originariamente senza titolo.
Fu lo scrittore e critico letterario Arthur Quiller-Couch, che la inserì nella sua antologia della poesia inglese (Oxford Book of English Verse, 1900), a intitolarla.
Invictus è anche il titolo di un film di Clint Eastwood del 2009 tratto dal romanzo Playing the Enemy, Nelson Mandela and the Game that Made a Nation, nel quale si racconta il periodo immediatamente successivo alla fine dell’Apartheid e all’elezione dello stesso Mandela a Capo dello Stato. Uno dei simboli della separazione razziale era la nazionale di rugby, sport riservato quasi esclusivamente all’élite bianca del Paese, simbolo dell’orgoglio bianco, seppure, in quel periodo, ai minimi storici dal punto di vista agonistico.
Mandela si oppone al ridimensionamento del mito sprinbock (così viene da sempre appellata la nazionale sudafricana di rugby, dal nome di una gazzella), utilizzando la squadra, la sua simbologia e l’imminente edizione della Coppa del Mondo del 1995 proprio in Sud Africa come chiave per l’integrazione nazionale. Nel film dona a Francois Pienaar, il capitano terza linea della nazionale, interpretato da Matt Damon, una copia della poesia. Pienaar, nei pochi mesi di preparazione in vista dell’esordio mondiale, subisce una profonda trasformazione psicologica e culturale, che lo porta a essere, da semplice capitano di una squadra espressione di una minoranza, il simbolo dell’orgoglio di un’intera nazione, la “nazione arcobaleno”, voluta da Mandela.
Inutile dire che il Sud Africa, contro tutti i pronostici, trascinato dalla forza del suo leader politico e dall’entusiasmo di una nazione che si stava compattando, vinse la coppa del mondo.
INVICTUS
Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.
In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeoning of chance
My heart is bloody, but umbowed.
Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.
It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll.
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.
***
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un polo all’altro,
Ringrazio qualunque dio esista
Per la mia anima invincibile.
Nella feroce morsa delle circostanze
Non ho arretrato né gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma non chino.
Oltre questo luogo d’ira e lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre.
E ancora la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
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