Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Stati Uniti’

Chiara Cruciati, Il Manifesto, 11 maggio 2015

Human Rights Watch pubblica il video delle violenze turche sui rifugiati: ad aprile almeno 5 morti. Altre 48 ore di tregua ad Aleppo, mentre Usa e Russia annunciano un nuovo tavolo internazionale per il 17 maggio.

Faisal chiede aiuto per girare il corpo martoriato dai pestaggi di un rifugiato senza vita: «Questa persona è morta mentre attraversava il confine verso la Turchia. Sai com’è morta? Non per una pallottola, ma per le botte». Lui, siriano, si trova da mesi al confine per aiutare chi scappa dalla guerra. Il video pubblicato lunedì da Human Rights Watch è terrificante: si vedono le guardie di frontiera turche picchiare siriani in fuga, si vedono cadaveri, si sentono le voci di chi è sopravvissuto e ora racconta gli abusi subiti prima per strada e poi nelle caserme.

(altro…)

Read Full Post »

Giulietto Chiesa, Il Fatto Quotidiano, 3 gennaio 2016

Sono appena trascorsi otto anni dall’inizio della crisi mondiale, se si prende come data di riferimento quella della bancarotta della Lehman Brothers. Da allora la gran parte dei commenti degli “esperti” è rimasta nell’ambito di una spiegazione tradizionale, cioè ha esaminato la situazione – che si prolunga ormai da tempo – come effetto di un “normale” avvicendamento di cicli di caduta e di crescita. Cioè siamo effettivamente in caduta, dopo – state tranquilli – ci sarà la crescita.

(altro…)

Read Full Post »

Luis Sepulveda

Geraldina Collotti, Il Manifesto, 31 dicembre 2015

Nato 66 anni fa in Cile e naturalizzato francese, Luis Sepulveda non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, giornalista, sceneggiatore, regista, ha al suo attivo una vasta produzione letteraria che riflette la lunga stagione d’impegno e d’avventura. Nipote di un anarchico andaluso fuggito in Sudamerica per evitare la pena capitale, ha fatto parte del Gap, la guardia personale del presidente cileno Salvador Allende.

(altro…)

Read Full Post »

Tommaso Di Francesco, Il Manifesto, 13 dicembre 2015

Intervista ad Angelo Del Boca, storico del colonialismo ed esperto del paese

Abbiamo rivolto alcune domande sulla fase attuale della crisi libica ad Angelo Del Boca, storico del colonialismo italiano e esperto di Libia.

Mentre si apre oggi a Roma la conferenza internazionale sulla Libia e mentre l’inviato di Ban Ki-moon Martin Kobler annuncia che i due parlamenti rivali di Tripoli e Tobruk, hanno raggiunto un accordo per un governo unitario che il 16 dicembre sarà sottoscritto in Marocco.

(altro…)

Read Full Post »

Marco Bascetta, Il Manifesto, 24 novembre 2015

In guerra, ma senza sapere come combatterla

Muoviamo da una ipotesi non nuova e piuttosto diffusa: Daesh è uno stato e non lo è. Potremmo definirlo un centro di irradiazione, piuttosto o, per così dire, una Mecca ideologico-militare del Jihad. Lo stato islamico interpreta a suo modo, e cioè in una forma violenta e totalitaria, la vocazione antinazionalista dell’Islam, quella che si rivolge alla comunità dei credenti aldilà da qualsiasi frontiera nazionale. Per questa ragione il suo insediamento a macchia di leopardo, dal Medio oriente all’Africa settentrionale e sub sahariana, fino alle periferie delle grandi metropoli europee non costituisce una debolezza, ma una forza.

(altro…)

Read Full Post »

Fulvio Scaglione, Famiglia Cristiana, 15 novembre 2015

Da anni, ormai, si sa che cosa bisogna fare per fermare l’Isis e i suoi complici. Ma non abbiamo fatto nulla, e sono arrivate, oltre alle stragi in Siria e Iraq, anche quelle dell’aereo russo, del mercato di Beirut e di Parigi. La nostra specialità: pontificare sui giornali

È inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.

(altro…)

Read Full Post »

Come è drammaticamente noto, in Italia si parla pochissimo del Ttip, l’accordo di libero scambio fra Stati Uniti e Unione Europea che, nel chiuso delle segrete stanze, alcuni burocrati stanno discutendo. I documenti vengono tenuti segreti, ma anche così è stupefacente il silenzio dei principali organi di informazione (con alcune eccezioni come Il ManifestoIl Fatto Quotidiano che saltuariamente ne parlano o l’invereconda pubblicità trasmessa a ore notturne sui canali RAI).

Gli Stati membri dell’Unione Europea non sono entrati nel processo negoziale e ora vengono coinvolti soltanto per la ratifica, anche se alcune fonti dicono che, fra i negoziatori, vi fossero incaricati dei governi di tutti i paesi membri e che l’Italia avesse una rappresentanza paritetica a quella degli altri grandi paesi del continente. In ogni caso, le procedure adottate sono scarsamente trasparenti ed è lecito essere seriamente preoccupati in merito al contenuto dei diversi protocolli che si vogliono ratificare.

(altro…)

Read Full Post »

Di Luciano Gallino ho letto parecchi libri e articoli, specie quelli (forse più divulgativi) scritti in questi ultimi anni, da quando la crisi economica ha fatto emergere il lato più atroce del neoliberismo, dottrina da lui combattuta fino all’ultimo. In particolare, mi pare opportuno notare come fosse uno degli ultimi a parlare di lotta di classe, argomento che sembra scomparso dall’agenda politica dei nostri tempi.

Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano, 8 novembre 2015

“Quel che vorrei provare a raccontarvi, cari nipoti, è per certi versi la storia di una sconfitta politica, sociale, morale: che è la mia, ma è anche la vostra. Con la differenza che voi dovreste avere il tempo e le energie per porre rimedio al disastro che sta affondando il nostro paese, insieme con altri paesi di quella che doveva essere l’Unione europea”. L’ultimo anelito di speranza di fronte all’invasione del pensiero neoliberista in Europa, Luciano Gallino, professore emerito di sociologia all’Università di Torino dal ’65 al 2002, morto a 88 anni nella sua casa nel capoluogo piemontese dopo una lunga malattia, lo aveva affidato alle pagine del suo “Il denaro, il debito e la doppia crisi”, appena uscito in libreria per Einaudi, rivolgendosi proprio alle generazioni che verranno.

(altro…)

Read Full Post »

Riporto prologo (in questo post) e introduzione (in un post successivo che uscirà nei prossimi giorni) del libro di David Harvey, Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo, Giangiacomo Felitrinelli Editore, Milano 2014. Una parte del libro, peraltro assai cospicua, è disponibile su Google Libri, che sarebbe poi dove l’ho trovata anch’io. La traduzione, perché credo sia opportuno ricominciare a citare anche i nomi dei traduttori delle opere, non fosse altro che per rendere un doveroso riconoscimento al loro lavoro, è di Virginio B. Sala.

Naturalmente, come succede sempre, concordo con alcuni passaggi dell’autore. Su altri, invece, dissento. Ma i diversi punti di vista vanno recepiti e considerati come utile contributo a un dibattito che, spero, si avvii il più in fretta possibile sui destini futuri della sinistra italiana. Un dibattito serio, non una parvenza di analisi come quella che quotidianamente ci viene proposta. Secondo me, occorre iniziare questo percorso da una rilettura in chiave contemporanea dei fondamentali, dei classici del pensiero e, su quelle basi, ricominciare a costruire una proposta nuova, ma appoggiata su solide fondamenta.

Prologo
La crisi del capitalismo, questa volta

Le crisi sono essenziali per la riproduzione del capitalismo. Nel corso delle crisi le sue instabilità vengono affrontate, riplasmate e reingegnerizzate per creare una nuova versione di quel che è il capitalismo. Molto si abbatte e si distrugge per fare posto al nuovo. Paesaggi un tempo produttivi sono trasformati in deserti industriali, vecchi impianti industriali vengono demoliti o convertiti a nuovi usi, quartieri operai diventano quartieri signorili. Altrove piccole fattorie e cascine contadine vengono spazzate via dall’agricoltura industrializzata su grande scala o da nuove e lucenti fabbriche. Centri direzionali, centri di Ricerca e Sviluppo, magazzini all’ingrosso e di distribuzione si moltiplicano sul territorio in mezzo a quartieri residenziali periferici, collegati tra loro da autostrade a quadrifoglio. Le città principali si fanno concorrenza per l’altezza e l’eleganza dei loro grattacieli d’uffici e i loro edifici culturali iconici, enormi centri commerciali proliferano nelle città come nelle periferie, alcuni addirittura svolgendo anche la funzione di aeroporti attraverso i quali passano senza tregua orde di turisti e di uomini d’affari, in un mondo diventato cosmopolita per default. I golf club e le comunità chiuse, nati negli Stati Uniti, ora si possono vedere anche in Cina, in Cile e in India, a far da contrasto agli insediamenti abusivi e autocostruiti ufficialmente indicati con i nomi di slumfavelasbarrios pobres.

(altro…)

Read Full Post »

Verrebbe quasi voglia di dire l’inelegantissimo “ma noi ve lo avevamo già detto”… La questione è che di Marx hanno discettato in molti, la maggior parte dei quali non lo ha mai letto. Eppure sarebbe bastato pochissimo sforzo, dato che previsioni quali la globalizzazione dell’economia erano contenute nelle pagine del Manifesto, opera breve e facilmente leggibile, a condizione di farlo con criterio scientifico, ovvero senza essere prevenuti. In fin dei conti si tratta della seconda opera più letta nella storia del mondo dopo la Bibbia.

(altro…)

Read Full Post »

Gianni Ferrara, Critica Marxista, n. 4/2015, 11 settembre 2015

L’estraneità dell’Unione europea ai modelli di forme di Stato e di governo. La Ue si rivela essere una entità a-democratica e spoliticizzata. Incorporata nei Trattati, l’ideologia neoliberista riduce ogni istituzione comunitaria a proprio organo esecutivo. Un’altra Europa è possibile, fondata su eguaglianza e solidarietà: una nuova forma di Stato che solo un’Assemblea costituente europea può disegnare.

Definire l’Unione europea, intendendo per definizione la collocazione di un’entità in un genere, secondo un modello, esplicitandone la appartenenza a una forma immediatamente riconoscibile, è inutile. La Ue rifugge da qualunque tipologia tassonomica. Machiavelli la disconoscerebbe perché è fuori dalla classica e indefettibile configurazione-distinzione di “repubblica o principato”. Non è di formazione originaria, né deriva da una successione. Non dispone di un territorio, ma ha potere normativo sui territori. Non è colonia di uno Stato. Non è uno Stato. Non è una confederazione, non è una federazione. Non è una democrazia, non è una dittatura. Assembla caratteri di ciascuna delle forme istituzionali delle aggregazioni umane. Non ne invera nessuna. È un ordinamento sì, la cui effettività è però assicurata dagli Stati che la compongono.

(altro…)

Read Full Post »

Aldo Tortorella, Critica Marxista, n. 5/2013, 17 ottobre 2013

C’è stato un tempo in cui la parola “rivoluzione” faceva paura a coloro che venivano definiti i benpensanti. Ma non solo a loro. Nel linguaggio comune e in diversi dialetti (per esempio, il milanese) almeno fino alla metà del secolo passato – e anche oltre – “fare un quarantotto” voleva dire buttare tutto all’aria, creare un gran disordine, rovesciare le regole: e quel 48 entrato e rimasto nel lessico popolare per cent’anni era la rivoluzione del 1848, quella che aveva sconvolto gran parte d’Europa e per cui due trentenni d’ingegno, pieni di speranze, avevano scritto un opuscoletto, per incarico della Lega dei comunisti, senza immaginare che quel loro Manifesto per l’immediato avrebbe prodotto scarsi risultati ma sarebbe stato un successo editoriale secondo solo alla Bibbia.

(altro…)

Read Full Post »

Da Voci dall’estero, 19 ottobre 2015

Sul The Guardian scopriamo che finalmente il sorpasso è certificato: il 50% della ricchezza globale è detenuta dall’1% della popolazione. La seconda buona notizia, per gli ultra-ricchi, è che il sorpasso è avvenuto con un anno di anticipo rispetto a quanto prevedeva Oxfam GB. Lo studio del Credit Suisse che ce lo rivela attesta anche l’aumento della disuguaglianza e il declino della classe media in tutto il globo. Insomma, tutto come da programma.

di Jill Treanor, 13 ottobre 2015

La disuguaglianza globale è in crescita, con la metà della ricchezza mondiale adesso nelle mani dell’1% della popolazione, secondo un nuovo rapporto.

Le classi medie sono state schiacciate a spese dei più ricchi, secondo le ricerche di Credit Suisse, che rivela anche che per la prima volta, ci sono più persone della classe media in Cina – 109 milioni – rispetto ai 92 milioni negli Stati Uniti.

(altro…)

Read Full Post »

Adam S. Hersh e Joseph Stiglitz, sbilanciamoci.info, 13 ottobre 2015

Il Tpp ha ben poco a che fare con il libero scambio, e somiglia piuttosto a un accordo che vuole gestire i rapporti commerciali e di investimento tra i suoi membri ­per conto delle più potenti lobby di ciascun paese

Mentre i negoziatori e i ministri degli Stati Uniti e degli altri undici paesi del Pacifico si incontrano ad Atlanta per definire i dettagli del nuovo Accordo Trans-Pacifico (TPP), un’analisi più seria è fondamentale. Il più grande accordo della storia sul commercio e gli investimenti non è come sembra.

Si sentirà parlare molto dell’importanza del TPP per il “libero scambio”. La realtà è che si tratta di un accordo che vuole gestire i rapporti commerciali e di investimento tra i suoi membri ­- e farlo per conto delle più potenti lobby di ciascun paese. Fate attenzione: è evidente dalle principali questioni, sulle quali i negoziatori stanno ancora contrattando, che il TPP non ha niente a che fare con il “libero” scambio.

(altro…)

Read Full Post »

Pietro Reichlin, eutopiamagazine.eu, 21 settembre 2015

La crisi greca ha prodotto una notevole divaricazione d’idee tra esperti e commentatori. Una scuola di pensiero influente esprime un punto di vista molto critico nei confronti della Germania, delle istituzioni europee e, qualche volta, della stessa idea di unione monetaria.

La gestione della politica monetaria e fiscale a livello europeo sarebbe troppo concentrata sull’obiettivo di ridurre i disavanzi di bilancio, e dominata da scelte tecniche invece che politiche.

In concreto, occorreva dare alla Grecia maggiore spazio fiscale (un piano di rientro dai disavanzi più lento) e concedere un ulteriore taglio del debito. Queste concessioni avrebbero comportato un costo irrilevante per l’Eurozona e consentito alla Grecia di uscire dalla crisi.

Autorevoli economisti (tra cui Eichengreen, Stiglitz e Krugman) hanno apertamente criticato l’ultimo accordo perché esso non contiene misure di stimolo fiscale ed è troppo oneroso per il paese.

(altro…)

Read Full Post »

Vincenzo Comito, sbilanciamoci.info, 13 ottobre 2015

Il TPP è più un affare di geopolitica che di commercio. L’obiettivo principale per gli Stati Uniti e il Giappone è di superare in dinamismo la Cina e di creare una zona economica che bilanci la forza economica di quest’ultimo paese nella regione. Inoltre, e parallelamente, quello di scrivere le regole dell’economia del XXI secolo

L’ipotesi del cosiddetto accordo di libero scambio dell’area Pacifico (Trans-Pacific Partnership, TPP), che è stata approvata di recente ad Atlanta dai governi di dodici paesi americani ed asiatici, presenta delle prospettive incerte. Non si sa se i parlamenti nazionali approveranno l’accordo, si ignora se esso contribuirà in qualche modo allo sviluppo dei paesi firmatari, mentre si discute, infine, se esso riuscirà a frenare in qualche modo lo sviluppo economico cinese e la crescita della sua influenza politica, tentativo di freno che appare lo scopo principale dell’attivismo statunitense.I contenuti dell’accordo non sono ancora noti con precisione; si conoscono peraltro i suoi contorni di massima e possiamo dunque ricordarli brevemente, seguendo in particolare, ma non solo, le tracce di un articolo del New York Times (Granville, 2015).

(altro…)

Read Full Post »

Giorgio Lunghini, Il Manifesto, 17 ottobre 2015

Un investimento è davvero tale se aumenta lo stock di capitale di un paese, per esempio se si costruisce una nuova fabbrica, si impiegano nuove macchine e si assumono nuovi lavoratori

In molti paesi civili, di là e di qua dall’Atlantico, dagli stessi Stati uniti alla Ger­ma­nia, il Ttip è oggetto di cri­ti­che severe e ben fondate.

(altro…)

Read Full Post »

Riporto la breve introduzione (anzi, il prologo) di Pepe Mujica al libro-intervista “La felicità al potere”, Editori Riuniti Int. (2014). Credo che, in poche pagine, riesca a illustrare i problemi della sinistra in Europa e perché, dalle nostre parti, si guardi con tanta curiosità e affetto al Sud America. Penso però che manchi un dettaglio, un qualcosa – che probabilmente Mujica non può dire – che spiega la differenza fra i leader nostrani e quelli dell’America Latina: i nostri si prendono troppo sul serio, danno al proprio ruolo un’importanza esagerata, cosa che né Morales, né Correa, né tantomeno Mujica hanno mai fatto. Un po’ di autoironia (caratteristica che non dovrebbe mai mancare in nessuna situazione della vita) ci si rende più simpatici e umani.

Certo che la descrizione che della situazione europea viene fatta da un osservatore esterno di sicuro distacco e onestà intellettuale è desolante.

(altro…)

Read Full Post »

Dario Fabbri, Limesonline, 18 settembre 2015

Nelle ore immediatamente successive alla sorprendente elezione di Jeremy Corbyn a leader del Partito laburista, le principali cancellerie del globo hanno cominciato ad interrogarsi sulle conseguenze che la sua peculiare estrazione culturale potrebbe avere sulla politica estera britannica.

Jeremy Corbyn

(altro…)

Read Full Post »

Thomas Piketty, Diritti Globali, 19 settembre 2015

Thomas Piketty

Lo slancio di solidarietà in favore dei rifugiati osservato in queste ultime settimane è stato tardivo

Ma quantomeno ha avuto il merito di ricordare agli europei e al mondo una realtà fondamentale. Il nostro continente, nel XXI secolo, può e deve diventare una grande terra di immigrazione. Tutto concorre in tal senso: il nostro invecchiamento autodistruttivo lo impone, il nostro modello sociale lo consente e l’esplosione demografica dell’Africa abbinata al riscaldamento globale lo esigerà sempre di più. Tutte queste cose sono largamente note. Un po’ meno noto, forse, è che prima della crisi finanziaria l’Europa si avviava a diventare la regione più aperta del mondo in termini di flussi migratori. È la crisi, scatenatasi nel 2007-2008 negli Stati Uniti, ma da cui l’Europa non è mai riuscita a uscire per colpa di politiche sbagliate, che ha condotto all’aumento della disoccupazione e della xenofobia, e a una chiusura brutale delle frontiere. Il tutto in un momento in cui il contesto internazionale (Primavera Araba, afflusso di profughi) avrebbe giustificato, al contrario, una maggiore apertura.

(altro…)

Read Full Post »

Older Posts »